VOLONTARIATO INTERNAZIONALE: QUALE EDUCAZIONE E PASTORALE PER I GIOVANI?
di Don Ferdinando Colombo, sdb
Premessa
Prima di parlare di Volontariato Internazionale, è opportuno fornire un quadro più generale del Volontariato, che meglio ci aiuti a comprendere questo vasto fenomeno nella sua interezza e complessità.
Il Volontariato è un fenomeno complesso che indica e coinvolge ad un tempo l’interiorità della persona, intesa come valore culturale e motivazionale che sottostà alla scelta di impegnarsi; l’operatività, intesa come comportamento che implica una interazione sociale; e una struttura, cioè un organismo che sostiene e coordina le attività.
Per questo la genesi della decisione di fare volontariato è stimolata da diversi fattori: dall’informazione, dai vincoli sociali e dai mezzi di trasporto.
L’informazione crea l’attenzione, la motivazione, il contatto, orienta gli interessi; in definitiva determina la cultura e fornisce alla coscienza gli elementi decisionali.
I vincoli sociali, come la famiglia, i doveri parentali, il posto di lavoro, gli incarichi pubblici, indirizzano e limitano il settore di intervento.
Ma, anche storicamente i mezzi di trasporto, con le loro caratteristiche di velocità e di costo, hanno condizionato il suo raggio d’azione. Si può così operare una prima grande suddivisione: volontariato sociale, realizzato sul territorio di appartenenza, e volontariato internazionale, normalmente diretto verso i Paesi Poveri caratterizzati da carenze strutturali generalizzate.
In ogni caso il volontariato nasce dal senso di solidarietà di singoli che decidono di mettersi al servizio della comunità al fine di promuovere la trasformazione della società, contribuire a rimuovere le cause che generano povertà e ingiustizia, dedicando attenzione prioritaria ai poveri, agli emarginati, o comunque a persone che vivono situazioni in cui non possono esprimere pienamente i loro diritti umani.
Volontariato sociale
Oggi si sente sempre più spesso parlare di Volontariato, dai mass media ma soprattutto tra i giovani, e l’idea che immediatamente ne riceviamo e che principalmente permea l’immaginario collettivo è quella di persone che sono spinte a fare attività di volontariato per sentirsi utili e dare un senso più completo alle proprie giornate. Si identifica, cioè, il Volontariato con l’impegno spontaneo di svolgere attività sociali disinteressatamente per collaborare a risolvere problemi in un settore di disagio sociale; la genericità del linguaggio comune identifica il Volontariato persino con attività che sono realizzate occasionalmente, sporadicamente, e talvolta senza una vera e propria progettualità.
E’ pertanto opportuno definire il volontariato ed effettuare una chiara distinzione tra Volontariato Sociale (V.S.) e Internazionale (V.I.).
Ritorneremo successivamente sul V.I. che appunto è un servizio di volontariato prestato in un Paese diverso da quello di appartenenza, nei Paesi Poveri, che ha caratteristiche sostanzialmente diverse da quello sociale.
Il Volontariato Sociale è quello che viene svolto invece sul territorio d’appartenenza e che proprio per questo è consentito a chiunque riesca a farlo convivere con i propri impegni, la propria famiglia e compatibilmente con le situazioni ambientali. Normalmente si tratta di impegno limitato nel tempo e realizzato nei momenti liberi, dopo i consueti orari di lavoro o di studio, cioè dopo aver adempiuto i propri doveri civili e di stato.
Attualmente sono milioni i cittadini che svolgono per un certo numero di ore settimanali questo servizio nei più disparati settori di disagio sociale. Il sistema economico dominante tende a degradare la qualità della vita, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione. Anche in Paesi ad alto reddito cresce la folla dei poveri. Pertanto, il Volontariato Sociale che nasce istintivamente per assistere i più deboli si propone come modo nuovo per costruire i rapporti e le relazioni all’interno di una società che voglia assumere pienamente i suoi compiti sociali
Questo servizio, svolto, come abbiamo detto, sul proprio territorio e a tempo parziale, potrebbe essere definito come una collaborazione al volontariato: l’azione volontaria è allora la somma di tanti contributi indirizzati ad un’unica causa.
Nel volontariato sociale risalta in modo significativo l’azione realizzata con il contributo, anche parziale, di molte persone. Questa sinergia di privati cittadini e di libere associazioni è componente costitutiva di una moderna democrazia: è una delle forme con cui il cittadino partecipa alla vita sociale per «essere di più» (senso della vita); per «contare di più» (partecipare e influenzare); per «risolvere meglio» (qualità della vita ed eliminazione di sperequazioni).
Il Volontariato Sociale è tale solo se realizza una dimensione politica impegnandosi contestualmente nell’intervento immediato e nella rimozione delle cause personali e strutturali, nella promozione di nuove politiche sociali al servizio di tutti, con prestazioni prioritarie per i soggetti a rischio. Il fine del volontariato è il mutamento della società e delle istituzioni attraverso la partecipazione attiva. Un servizio ripetitivo, funzionale al sistema, non è certo compito del volontariato.
Nella capacità del volontariato di creare il nuovo, di dare un contributo essenziale alla qualità della vita, di impegnarsi per eliminare le cause di emarginazione è insito il concetto di sviluppo umano.
“Il Volontariato sociale è ormai parte rilevante di quel ‘terzo sistema’ che, accanto al mondo delle istituzioni pubbliche e delle attività private, ripropone la società civile, quella dei cittadini liberamente associati, come elemento fondamentale di una solidale prospettiva comunitaria, di una nuova cultura politica” (Federazione Italiana Volontariato).
Terzo Settore
Dalle forme più semplici di V.S. si è passati, negli anni ottanta ad una rete fittissima di iniziative e di coordinamenti. Ma è negli anni novanta che si va costituendo il Forum del Terzo Settore inteso come una forma di partecipazione popolare della società civile alla creazione di strutture democratiche di gestione del welfare.
La vasta realtà non profit costituita da organizzazioni senza scopo di lucro che permettono ai liberi cittadini di svolgere attività di volontariato è oggi comunemente denominata Terzo Settore.
Il Terzo Settore è infatti il campo dei soggetti sociali (associazioni e movimenti organizzati) che si occupano di volontariato e associazionismo, di cooperazione sociale e di imprese di solidarietà, di società di mutuo soccorso e di volontariato internazionale per lo sviluppo, di commercio equo e solidale, di fondazioni e di banche etiche, tutte con lo scopo “di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso: a) la gestione di servizi socio-sanitaari ed educativi; b) lo svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi – finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate” (Legge 381 dell’8 novembre 1991, art. 1).
Questi soggetti interpretano l’impegno della cittadinanza organizzata nei più diversi ambiti: assistenziale e di solidarietà, educativo e preventivo, formativo e scolastico, ambientale e sanitario, del tempo libero e della cultura…
Il TS sta così diventando uno dei soggetti portanti dell’economia sociale, che rappresenta la nuova strategia dello sviluppo sostenibile ed è una forma di regolazione democratica del mercato. La società civile è così chiamata ad essere protagonista a pieno titolo nella costruzione del nuovo modello di società.
Si tratta di “associazionismo di cittadinanza” (Passuello) o di “intrapresa di solidarietà” (Dahrendorf), che agendo in forma stabile e regolata sa produrre servizi, iniziative ed opere in vista del bene comune senza tornaconto personale.
Alla richiesta che viene da più parti, specie dalla destra liberale, e cioè “più mercato e meno Stato”, sembra si debba contrapporre una più autentica “socialità del sociale” che sappia esaltare le capacità concrete di autogoverno dei soggetti collettivi; “la via d’uscita dall’attuale crisi di società deve essere ricercata al tempo stesso in meno mercato, meno Stato e più scambi non retti né dal denaro né dall’amministrazione, ma fondati su reti di aiuto reciproco, di cooperazione volontaria, di solidarietà autorganizzata: il rafforzamento della società civile, se si vuole” (Andrè Gorz).
Il terzo settore si impegna in tal modo da protagonista nella trasformazione della realtà sociale, in ogni ambito di sviluppo umano e contro ogni forma di esclusione sociale, in un superamento della logica statalistica e assistenzialistica e, allo stesso tempo, evitando di cadere in quella economicistica e funzionale. Si tratta di organizzazioni il cui fine ultimo è la solidarietà anziché il profitto e che accettano la sfida rappresentata da carenze sociali di vario genere, garantendo una risposta che, nel tempo, divenga sempre più attenta ed efficace.
Le leggi italiane per il volontariato
Purtroppo non esiste una unica legge quadro per la regolamentazione delle attività di volontariato e per necessità, vista la varietà degli interventi e di tipologie di V. sono state fatte diverse leggi che governano il settore del Volontariato:
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legge sulla Cooperazione Internazionale allo sviluppo (n. 49/87),
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legge quadro sul Volontariato sociale (n. 266/91)
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relativa legge regionale – Valorizzazione e promozione del volontariato (n. 38/94)
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legge sulla Cooperazione sociale: Disciplina delle cooperative sociali (n. 381/91)
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relativa legge regionale – Norme di attuazione della legge 8 novembre 1991, n. 381 “Disciplina delle cooperative sociali” (n. 18/94)
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Decreto legislativo recante: disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, (ONLUS) in attuazione della delega recata dall’art. 3, commi 186, 188, 189 della legge 23 dicembre 1966, n. 662 (legge finanziaria)
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proposta di legge sull’Associazionismo
Così come esplicitato già nella legge sul volontariato n° 266 dell’11 agosto 1991, tale legittimazione giuridica è importante perché in tal modo si riconosce il valore sociale e la funzione delle attività di volontariato “come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo” (Art. 1.), e dunque è altrettanto importante promuoverne lo sviluppo e salvaguardarne l’autonomia, soprattutto in virtù dell’assenza di fini di lucro, della democraticità degli Organismi atti a tali attività e della gratuità delle prestazioni fornite dai volontari. Le leggi hanno rafforzato l’interesse delle organizzazioni di volontariato ad instaurare rapporti con il settore pubblico e tale interlocuzione con istituzioni ed enti locali è utile per una correzione della tendenziale autocentratura delle organizzazioni.
Il terzo settore è cresciuto perché il cittadino ha maggiore fiducia nella società e in se stesso, merito della maggiore stabilità politica e di una maggiore democraticità fornita delle suddette leggi, acquisendo, quindi, un ruolo sempre più attivo e non di supplenza nel disegnare le politiche istituzionali; in tal modo vive uno spazio di commistione tra stato e mercato, quale campo sperimentale di lavoro.
L’importanza del terzo settore sta appunto nella massima attenzione ai bisogni reali dei cittadini, specie dei più bisognosi, sia sotto il profilo economico e funzionale che culturale e formativo: ad essi è rivolto tutto l’impegno volontario e associato. La peculiarità di queste associazioni sta nella vicinanza alle persone nello svolgimento del servizio e nella dimensione locale, che rende possibile calibrare l’iniziativa con le attese reali delle persone sul territorio e verificare la qualità del servizio sulla misura di chi ne usufruisce: non per nulla oggi si parla di trasformazione del “welfare State” in “welfare municipale”, (Campedelli) per aumentare i rapporti fiduciari e facilitare logiche collaborative: la sussidiarietà non va confusa con l’organizzazione localistica degli egoismi, ma si esprime nella intensità delle relazioni, nella reciprocità e nell’impegno etico.
Volontariato internazionale
Il Volontariato Internazionale (V.I.) è appunto caratterizzato dalla decisione di lasciare la propria patria e di recarsi presso un’altro popolo per un periodo di tempo che, unitamene ad altre condizioni che esamineremo, consenta effettivamente di inserirsi nella cultura locale per realizzare insieme un progetto di sviluppo.
Il fatto di lasciare il proprio Paese comporta necessariamente che il tempo dedicato al volontariato sia totale dal momento della partenza a quello del rientro e comporta anche che vengano sospese le attività lavorative che permettevano all’interessato di avere un entrata finanziaria che gli consentivano di affrontare le spese necessarie per la casa, la vita, la famiglia.
Per questo il concetto di gratuità cambia totalmente: mentre nel V.S. significava l’assoluta rinuncia ad un compenso economico per le attività svolte, nel V.I. è il dono della professionalità, del tempo pieno, in una sola parola la dedizione della vita, che diventano segno di una donazione gratuita. Ma il volontario internazionale è parte di un tessuto umano che non vuole rinnegare: può avere con sé la famiglia, può avere un mutuo da pagare in Italia o altri impegni economici che deve rispettare; inoltre deve avere i mezzi per abitare, nutrirsi, vestirsi, per curare la propria salute, per vivere da persona sociale. Tutto questo comporta che debba ricevere uno stipendio sicuro e proporzionato.
Questa necessità di sicurezza economica ha determinato il sorgere di associazioni giuridicamente riconosciute o di fatto che con la loro organizzazione siano in grado di garantire al volontario i mezzi per vivere, ma soprattutto i finanziamenti realizzare i progetti di sviluppo in cui il volontario è inserito.
Proprio per questo le prime forme di volontariato internazionale, in mancanza di una normativa statale e di organizzazioni autonome, si sono appoggiate alle strutture ecclesiali delle Congregazioni religiose presenti nei Paesi Poveri e i volontari partivano senza essere garantiti da alcuna legge.
Volontariato Internazionale ai sensi della legge 49/87
Oggi quasi tutti gli Stati hanno una legislazione che riguarda il V.I.
La legge di riferimento italiana è attualmente la 49/87 che regolamenta la Cooperazione con i Paesi in via di sviluppo.
Partendo dal concetto di “cooperazione allo sviluppo” la legge, tra altri soggetti che hanno titolarità a cooperare, riconosce ad alcune associazioni di cittadini che abbiano particolari requisiti, l’idoneità “per la realizzazione di programmi di sviluppo nei Paesi in via di sviluppo; per la selezione, formazione e impiego dei volontari in servizio civile; per attività di formazione in loco di cittadini dei Paesi in via di sviluppo; per attività di informazione e di educazione allo sviluppo”. (art. 28). Queste associazioni idonee vengono chiamate Organizzazioni Non Governative, ONG. In Italia sono poco più di un centinaio ad avere questa idoneità.
La trafila indispensabile per poter svolgere il servizio di V.I. prevede dunque che una ONG idonea presenti agli uffici competenti del Ministero degli Affari Esteri (MAE) lo studio di un progetto di sviluppo nel quale sia prevista la figura di uno o più volontari con ruoli e compiti ben definiti.
L’approvazione del MAE, dopo tempi non ben definiti, e il successivo cofinanziamento dei costi di realizzazione, comprendono anche i volontari come sono descritti dal progetto.
E’ compito della ONG selezionare e formare persone che abbiano le caratteristiche richieste dal progetto e presentare la candidatura al MAE, che si riserva di verificarne la conformità con i requisiti richiesti.
La legge pone anche delle condizioni: cittadinanza italiana, maggiore età, idoneità psicofisica, formazione e la durata del contratto non inferiore a due anni.
Volontariato Internazionale “fuori-legge”
La legge 49/87 prevede quindi che il volontario sia inserito in un progetto presentato da una ONG riconosciuta idonea per la cooperazione allo sviluppo, ne stabilisce lo stipendio e le garanzie assicurative e previdenziali per il volontario. Ma questa strada è irta di difficoltà e solo poche centinaia di persone riescono ad accedere a questo volontariato internazionale secondo la legge.
Qualche migliaio di cittadini, invece, fa volontariato internazionale “fuori-legge”. Avendo maturato la scelta cosciente di mettere la loro professionalità al servizio dello sviluppo umano dei Popoli Poveri e avendo deciso di spendere gratuitamente alcuni anni della propria vita accettano di essere inviati e sostenuti da gruppi e comunità che li hanno “adottati” come segno concreto di solidarietà con i Paesi Poveri. In tal caso, detti gruppi o comunità mantengono un rapporto di collaborazione con i volontari inviati, sostenendo anche le spese di viaggio, assicurazione, contributi sociali; infine li aiutano a reinserirsi nel mercato del lavoro, al loro rientro.
Il cuore del discorso è la dimensione mondiale del volontariato internazionale, in virtù della quale una comunità, o un Organismo, sceglie alcune persone da mettere al servizio degli ultimi, dei più bisognosi. Da parte sua il volontario, sentendosi “inviato” dovrà mantenere i contatti con la comunità di partenza divenendo quel “ponte umano” che permette ad ambedue le comunità di scambiarsi ricchezze materiali, spirituali, educative, per cui si avvera quanto si afferma in RM 58: “Promuovere lo sviluppo educando le coscienze”. In ambito di Chiesa, ogni parrocchia, oratorio, gruppo, dovrebbe avere come primo impegno missionario l’invio di un volontario. Come la presenza del missionario è fondamentale per la nascita e la crescita di una nuova comunità cristiana, così un volontario che parte a nome di una comunità è determinante per un autentico spirito missionario che non riduca la solidarietà a soldi o container. “E’ l’uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro o la tecnica” (RM 58).
Caratteristiche umane del Volontariato Internazionale
Concettualmente e spiritualmente, il volontariato internazionale è una forma, per così dire, più matura di volontariato, che comporta un maggiore impegno, forti motivazioni e precisi obiettivi e che presuppone una seria e precisa progettualità di intervento e la presenza, come abbiamo detto, di un Organismo in grado di rispondere alle esigenze sia dei destinatari dell’intervento, che dei volontari inviati.
Nel Volontariato Internazionale l’elemento caratterizzante è la persona del volontario che decide di vivere alcuni anni della sua vita in servizio disinteressato, all’estero, in una cultura diversa, per la crescita umana di persone o gruppi sociali.
Infatti, per dare inizio ad un’autentica cultura dello sviluppo, il ruolo delle risorse umane è il fattore determinante. Certo il volontario deve possedere caratteristiche ben definite per svolgere questo compito.
La scelta di fare il volontario, anche se è limitata ad alcuni anni, è comunque una scelta di vita in senso totale. Questo induce a considerarla una vocazione precisa perché l’atteggiamento interiore di donazione è votato al servizio senza condizioni.
Una seconda caratterizzazione del Volontariato Internazionale è la progettualità per lo sviluppo che suppone competenza professionale e l’inserimento in una struttura organizzata capace di dare continuità nel tempo per gli interessati e serietà di analisi per i problemi.
Lo sforzo di inculturarsi, l’apprendimento della lingua del posto, l’impegno per il dialogo, la valorizzazione delle caratteristiche del popolo presso cui lavora, sono e devono essere il segno della scelta di un cammino umano che privilegia il rapporto interpersonale e tende a trasformare le strutture che generano ingiustizia e violenza; così il volontario è operatore di pace.
Il volontario che decide di partire per una missione internazionale mette la propria professionalità, la propria cultura e la propria vita a servizio della crescita di altri popoli; perciò si richiede una specifica professionalità che costituisca la base di un rapporto costruttivo con la cultura “altra”; rapporto per il quale è necessario che il volontario “esca” letteralmente dal proprio mondo, dal sistema valoriale della propria cultura per conoscere e comprendere l’“altro”.
Genesi della decisione per il Volontariato Internazionale
Sulla base di quanto appena detto, possiamo certamente dire che per il volontariato internazionale è fondamentale la consapevolezza dell’interdipendenza tra popoli e culture. Oggi, in un mondo reso tanto piccolo dai mezzi di comunicazione sociale, la conoscenza delle leggi di mercato, della sperequazione tra ricchi e poveri genera un sentimento nuovo, l’interdipendenza, sentita come sistema determinante di relazioni nel mondo contemporaneo, nelle sue componenti economica, culturale, politica e religiosa, e assunta come categoria morale; è la consapevolezza di essere legati agli altri sei miliardi di uomini, all’ambiente, al passato e soprattutto al futuro che stiamo condizionando con le nostre scelte.
«Quando l’interdipendenza viene così riconosciuta, la correlativa risposta, come atteggiamento morale e sociale è la solidarietà. Questa dunque, non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti». (SRS 38)
Pertanto il volontariato internazionale nasce dalla libera decisione di condividere con scelte varie, ma progressivamente impegnative, le situazioni di emarginazione, sottosviluppo, alienazione, dovunque si presentino, per camminare insieme verso una liberazione totale dell’uomo. Per il credente, termini come uomo, liberazione, servizio, impegno prendono il loro significato più autentico nell’esperienza di Cristo.
Questa scelta presuppone un buon livello culturale del Volontario e una seria attenzione alle vicende dei popoli che gli consentano di recepire il pesante condizionamento, diverso nei diversi ambienti, in cui ogni persona si trova a vivere, con particolare riferimento alla realtà disumana di una moltitudine sempre crescente di persone, o di popoli interi, asserviti agli interessi dello sviluppo economico di altri paesi, e quindi condannati alla morte per fame o ad una vita senza speranza e senza dignità.
Per questo la metodologia di lavoro del Volontario dovrebbe ispirarsi alla consapevolezza che è possibile liberarsi e liberare solo manifestando con scelte personali di vita lo sforzo di umanizzazione, mettendo in comune i valori e le ricchezze di ciascuno rimanendo con fedeltà insieme con le persone a condividere le situazioni di condizionamento, per superarle.
Il volontario
E’ possibile definire il Volontariato Internazionale “ponte culturale” e tale definizione comprende diversi aspetti.
Certamente il volontario è un vero e proprio ambasciatore dell’Organismo, un tramite ed uno strumento per la realizzazione di un progetto; ed è il mediatore ed il collegamento tra due culture a volte molto distanti tra loro non solo geograficamente. La sua stessa funzione di svolgere un compito preciso e un determinato servizio che corrisponde alla sua professionalità e l’impegno a comprendere la profonda realtà e cultura locali, lo abilitano in un certo senso, a diventare portavoce ed interprete nel proprio Paese d’origine, diffondendo stima per le diverse culture e attivando una intensa educazione alla Mondialità e quindi alla Pace. Questa importantissima mediazione fa sì che il progetto abbia un risvolto anche nei cosiddetti Paesi Ricchi, i Paesi promotori; un risvolto educativo interculturale che permette ai vari Organismi di elaborare progetti sempre più mirati e corrispondenti alle effettive esigenze dei Paesi Poveri. E’ chiaro che, in questi termini, il volontario non è un semplice collaboratore, un tecnico, un dipendente, ma un anello di congiunzione culturale e spirituale tra due mondi, due realtà, un ponte di collegamento “umano” che rende i progetti e i finanziamenti altrettanto “umani”; una persona che decide di condividere e regalare una parte consistente della propria vita a persone che vivono in situazioni di grave disagio.
Essere volontario, quindi, è più uno stile di vita che una specifica attività e la sua caratteristica principale è il coinvolgimento personale, profondo e progressivo in uno stile di condivisione e di servizio. Ne scaturisce una personalità “solidale”, in linea di principio, con tutte le persone del mondo, e concretamente impegnata in un servizio locale.
Il volontariato richiama normalmente un’idea di azione, di laboriosità, di efficienza. Questo è vero, ma è solo la punta di un iceberg. Quando il volontariato è “vero”, la sua parte sostanziale è nelle sua profonde convinzioni che costituiscono la coscienza di una persona, prima e al di sopra di situazioni contingenti. “Essere volontario è una virtù interiore e come tale va seminata, fatta crescere, esige delle scelte costose, progressive, esige un itinerario educativo, delle tappe, delle verifiche. Il volontariato che ci fa “adulti” è l’atteggiamento interiore che diventa progressivamente stile di vita concreta con cui una persona decide che la sua realizzazione, il finalismo della sua esistenza e, in definitiva, la sua maturità trova pienezza nell’essere disponibile ai bisogni altrui”.
L’elemento determinante è “possedere e guidare la propria vita”, decidere dal profondo le proprie scelte; il quadro dei valori, delle motivazioni deve precedere, almeno come logica, quello dell’incontro con le persone, delle emozioni; le situazioni di necessità dell’“altro”, del povero, non devono essere il movente delle nostre decisioni, ma semplicemente l’occasione dell’impatto concreto. In fondo un volontario non è tale quando “parte” e perché parte, ma lo è per la tensione che unifica tutta la sua vita, ovunque si trovi.
Volontariato: vocazione di qualità
Dunque, alla luce di quanto detto finora, non è improprio parlare di una vera e propria vocazione al volontariato, intesa nel senso che tale decisone è considerabile un dono di Dio che fa percepire non solo la scelta del volontariato, ma tutta la vita, come una vocazione. In tal senso, il volontario è chiamato a realizzare un progetto più grande, un “sogno” che si concretizza in un’azione di solidarietà disinteressata e “illuminata”. I volontari “realizzano multiformi testimonianze di solidarietà, servizio e condivisione con i più deboli, nella loro gratuità e apertura disinteressata”. Quando questo avviene in forza dell’ispirazione cristiana e dell’appartenenza alla Comunità o algi enti ecclesiali, questo stile di vita si mostra oggi “come via privilegiata per aggregare coloro che, senza esserne pienamente consapevoli, con le loro scelte di vita sono orientati a dire di sì al Dio di Gesù Cristo” (ETC 9).
Come esplicitato nella Christifideles laici, se la vocazione del battezzato è “vivere il Vangelo servendo la persona e la società”, allora, proprio nell’attività del volontariato facendosi serva degli uomini, la Chiesa accoglie e annuncia il Vangelo nella forza dello Spirito, diviene comunità evangelizzata ed evangelizzante. La Christifideles laici indica con precisione i campi in cui il laico cristiano dovrebbe portare il suo servizio e che coincidono largamente con i compiti del volontario: promuovere la dignità della persona; venerare l’inviolabile diritto alla vita; libertà di invocare il Nome del Signore; l’impegno sociale; sostegno della solidarietà; porre l’uomo al centro della vita economico-sociale; evangelizzare la cultura e le culture dell’uomo (ChL 36-44).
La gratuità, come attitudine ad una amore altruistico e disinteressato, come tendenza a dimenticarsi di sé per il bene degli altri, dovrebbe caratterizzare la vita del volontario. In un certo senso si richiede al volontario in particolare una maturità (ben distinta da quella intellettuale e fisica), maturità interiore, che è indispensabile a qualunque scelta che leghi la vita di un individuo ad altre persone in modo stabile e duraturo.
Per questo un cammino serio di volontariato in Italia e all’estero, al termine del servizio, dovrebbe modificare significativamente le scelte di vita:
- le scelte professionali che vengono vissute come vocazione a servizio dei bisogni della gente;
- le scelte politiche vissute come lo strumento necessario perché ogni individuo possa essere in grado di “possedere” la propria vita;
- le scelte lavorative per cui si rinuncia ad un maggior profitto per un più autentico servizio alle persone e ai gruppi;
- la scelta del matrimonio o vita consacrata che diventa partecipazione alla paternità di Dio e attuazione storica del Suo regno.
Gli “altri”, in particolare gli “ultimi”, divengono protagonisti della nostra vita, in quanto siamo noi stessi che decidiamo di rispondere alle domande fondamentali: “chi sono io, perché sono al mondo, a cosa serve la vita, ecc.” proprio a partire da questa nuova visione unitaria per cui la dignità dei poveri è anche la nostra, la loro realizzazione è necessaria per la nostra. Così uomo, vita, giustizia, comunità, ecc. vengono ricompresi, ridefiniti, ristrutturati a partire dagli ultimi per costruire una vita dignitosa per tutti.
Volontariato come vocazione laicale
Il volontario è a pieno diritto un annunciatore del Vangelo, è chiamato ad annunciarlo. Come tutti i battezzati è debitore all’uomo di questo semplicissimo e sconvolgente annuncio: «L’uomo è amato da Dio!» (ChL 34).
La laicità, è valore cristiano pienamente proclamato dalla Gaudium et Spes, ribadito da tutti i successivi documenti della Chiesa ed in particolare dalla Christifideles laici.
«L’uomo è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione» (ChL 36).
La «Christifideles laici» mette in evidenza la peculiarità della vocazione laicale nella Chiesa capovolgendo, in un certo senso lo schieramento delle forze della Chiesa: senza mettere in discussione l’unione organica e funzionale esistente tra Laici, religiosi e presbiteri, afferma che in prima linea sta il popolo di Dio, caratterizzato dalla laicità conferita dal Battesimo e perfezionata dai sacramenti dell’iniziazione cristiana.
Questa laicità li abilita ad un annunzio di Vangelo profondamente inserito nelle realtà umane terrene che viene denominato «nuova evangelizzazione».
L’opera di evangelizzazione è compito sinergico dei Laici, dei Religiosi e dei Presbiteri ma lo stesso documento afferma che se manca in particolare la componente laica lo stesso apostolato dei pastori non può per lo più raggiungere la sua piena efficacia (ChL 27).
Il servizio dei Volontari raggiunge la sua pienezza quando la loro preziosa opera di promozione umana viene esplicitamente motivata e ispirata dalla scelta cristiana e dalla testimonianza della carità. Il Papa Paolo Giovanni II ha espresso chiaramente questo passaggio parlando si giovani il 4 settembre 1988 a Torino: “Quanto al vostro ruolo di giovani, dico semplicemente: siete indispensabili, non per quello che potete con le vostre sole forze umane, ma per quello che potete attraverso la fede nel Dio della pace che si fa cultura e impegno di pace. Ma potrete essere ciò che gli uomini si attendono da voi, se oggi già vi decidete ad agire. Viste le situazioni, intervenite. Il volontariato, fatto così meraviglioso del nostro tempo, è vivo tra noi. Solo abbiate la purezza delle motivazioni che vi rende trasparenti, il respiro della speranza che vi fa costanti, l’umiltà della carità che vi rende credibili. Oso dire che un giovane della vostra età che non dia, in una forma o in un’altra, qualche tempo prolungato al servizio degli altri, non può dirsi cristiano, tali e tante sono le domande che nascono dai fratelli e sorelle che ci circondano”.
Formazione
Abbiamo descritto le diverse tipologie di volontariato e le caratteristiche che dovrebbero costituire il patrimonio umano posseduto dalle persone che accedono a questo servizio. E’ chiaro che l’iter educativo di ogni persona inizia dal ventre materno ed è frutto della cultura in cui cresce e degli stimoli che riceve. Ci permettiamo di suggerire alcuni interventi formativi che arricchiscano la personalità del Volontario.
Anzitutto ribadiamo che si tratta di auto-formazione perché, trattandosi di giovani adulti e di una scelta “vocazionale” non può mancare la loro esplicita volontà di partecipare a questo processo di crescita.
Il quadro dei valori che è venuto delineandosi man mano che descrivevamo tipologie, ruoli, finalità dei Volontari può essere compendiato affermando che la maturità umana è la condizione necessaria e sufficiente per una esperienza di Volontariato che sia vitale, autentica. Infatti mettiamo l’accento sull’essere, sulla personalità, e non sull’agire e l’efficienza, che pure sono necessari, ma che dovranno essere la conseguenza logica della personalità del Volontario.
Selezione
Le caratteristiche personali richieste ai volontari possono essere verificate solo per mezzo di una frequentazione sufficientemente lunga. Sotto questo aspetto sono favoriti i frequentatori di ambienti educativi cristiani, ancor più gli animatori e insegnanti.
Per chi proviene dall’esterno del mondo religioso hanno un certo valore i giudizi e la presentazione di persone che condividono con noi le idealità educative cristiane.
E’ auspicabile comunque che, compatibilmente con gli impegni di lavoro e di vita familiare, gli aspiranti volontari possano frequentare comunità che in Italia sono già impegnate in attività di volontariato o di solidarietà sociale. Questo consentirebbe una vicendevole maggiore conoscenza e costituirebbe una sorta di tirocinio che potrebbe mettere alla prova le dinamiche del lavoro in équipe e del servizio gratuito.
Questa proposta potrebbe essere condivisa con chi organizza l’orientamento vocazionale, l’anno di volontariato femminile, la formazione al volontariato sociale. La metodologia di formazione dovrebbe essere quella dell’autoformazione assistita, come si conviene a dei giovani adulti ben motivati.
Una forte spiritualità laicale dovrebbe essere la linea di fondo di questo periodo.
Vanno previsti brevi corsi residenziali, assistiti dallo psicologo per individuare personalità disturbate o mitomani ma anche per un autoselezione in confronto con le condizioni e le esigenze del servizio.
Ma la specificità del Volontario Internazionale esige anche di inviare in missione il candidato, per un periodo breve (un mese o più) per permettere a lui e alla comunità che lo ospita, di verificare la capacità di adattamento, di lavoro in équipe e di contatto umano rispettoso delle diverse culture.
Educazione e formazione umana e spirituale
La formazione del volontario è garanzia di serietà, e di capacità tecnica, gestionale, motivazionale, organizzativa; e, quindi, è strumento di promozione e di crescita. Attraverso la formazione il volontario può “attrezzarsi alle sfide” che vengono dalla società che cambia e che ha bisogno di persone capaci di comprenderla, interpretarla, contribuire al suo miglioramento.
In primo luogo, formazione ed educazione ad interagire costruttivamente con le culture diverse. E una lucida coscienza del proprio quadro culturale deve camminare pari passo con la capacità del volontario di leggere, interpretare e vivere la realtà dei più bisognosi con i loro stessi occhi e quindi imparare a scoprire, rispettare, apprezzare e far apprezzare i valori della cultura in cui opera. Dunque educazione all’intercultura, ad incontrare l’altro con rispetto e autenticità; acquisire una capacità critica e selettiva di fronte alle espressioni della propria e dell’altrui cultura; arricchire e arricchirsi reciprocamente nello scambio e nel rispetto di valori culturali diversi; realizzare una trasformazione interiore, un processo di maturazione umana che consenta di aprirsi ad una dimensione di vera e autentica mondialità. Per questo la sua azione deve essere caratterizzata da spirito di umiltà, di servizio e disponibilità al dialogo e al confronto; una disponibilità che si manifesta soprattutto nella dimensione “comunitaria” dell’attività del volontario e nella sua capacità di lavorare in équipe con il personale locale o con gli altri volontari, offrendo generosamente le sue qualità e le sue doti al servizio del progetto e della comunità. Educazione alla mondialità allora significa fare riferimento a se stessi come parte di un tutto, considerarsi parte relativa ma essenziale di un ingranaggio molto più complesso, di una dimensione molto più vasta, mondiale, universale, che richiede capacità di coinvolgimento e di partecipazione personale e comunitaria alle necessità e ai problemi del mondo.
Si tratta pertanto di un processo educativo che fa riferimento sempre al concetto di sviluppo umano, attraverso il quale l’individuo si impegna a creare un “umanesimo nuovo” che gli permette di assumere in sé e di proporre agli altri una rinnovata e solida scala di valori, di giustizia, amore, solidarietà. In tal modo il volontario è il protagonista di un percorso di promozione umana e dei diritti dell’uomo.
Formazione tecnico-professionale
Nel momento in cui il candidato al Volontariato Internazionale ha deciso di rendersi disponibile ed è stato individuato il Progetto di sviluppo umano in cui inserirsi, viene definito il Paese, la lingua, ma soprattutto vengono precisati finalità, obiettivi, tappe, mezzi e modalità del progetto in cui il candidato possa studiare il suo ruolo e i suoi compiti.
Incomincia un lungo periodo di formazione che prevede diversi apporti:
a) lo studio della lingua, possibilmente in una nazione dove sia lingua madre
b) l’acquisizione di informazioni antropologiche, storiche, geografiche sul paese di destinazione; questo può essere fatto ad esempio al CUM (Centro Unitario Missionario) di Verona, dove si svolgono corsi specifici per i diversi continenti
c) la conoscenza e l’approfondimento delle politiche, dell’ideologia e dei metodi educativi della controparte con cui lavorerà
d) lo studio dettagliato del Progetto da realizzare e l’acquisizione di eventuali competenze professionali richieste.
e) la stesura, in dialogo con l’Organismo che lo invia e la comunità che lo accoglierà, di un accordo che chiarisca i rapporti tra i due:
- ruolo specifico all’interno del Programma
- compiti dettagliati per un lavoro in équipe
- orari di vita comune e di privacy, di lavoro e di riposo, di ferie e di visite
- luogo di abitazione (soprattutto per coppie sposate) e problemi economici: affitto, acqua, luce, telefono, vitto
- retribuzione, versamenti previdenziali, assicurazioni
- strumenti e mezzi di trasporto necessari per il Progetto
- viaggio di andata e ritorno
- ecc.
Il volontario, dopo tutta questa preparazione dovrebbe sentirsi parte della grande famiglia di coloro che sono impegnati nel mondo intero nell’annuncio del Vangelo mediante la promozione dello sviluppo umano.
Formazione in itinere
Il volontario non è un mestierante pagato, un esecutore di ordini. E’ persona che, rispondendo ad una precisa chiamata vocazionale, mette un pezzo della sua vita a disposizione di un progetto in cui sono coinvolte le vite di molte persone. Soprattutto chi per la prima volta realizza questa esperienza deve cercare di armonizzare la teoria e la pratica e quindi ha bisogno di essere integrato nei ritmi della comunità locale e nelle esigenze di un progetto ben definito.
La partecipazione ai momenti di programmazione e di verifica è determinante per la sua formazione, ma anche per l’efficacia del suo lavoro e di quello della comunità. Si verifica spesso il caso di una maggior sensibilità nei volontari per i problemi dei più poveri, proprio perchè meno preoccupati delle strutture tradizionali hanno una maggiore capacità di ascolto e una più generosa risposta.
Fin dai primi giorni il Volontario deve cercare di:
- conoscere il Programma della comunità locale;
- analizzare il lavoro svolto dalla comunità;
- preparare una applicazione particolareggiata del Programma al proprio ruolo, al proprio lavoro professionale, al proprio impegno educativo;
- partecipare a settimane di studio o di riqualificazione professionale che si svolgono nel Paese in cui lavora;
- visitare centri similiari per una verifica dei metodi educativi, delle problematiche e delle soluzioni.
Il volontario deve mantenere i contatti e la frequentazione con la Comunità Italiana e l’Organismo che lo ha inviato.
Il rientro
E’ un momento delicato, di passaggio «culturale».
Il volontario ha vissuto un’esperienza di notevole valore in cui la sua presenza ha determinato in modo evidente lo sviluppo umano di altre persone, la loro professionalità, la loro integrità fisica, la loro dignità, il loro futuro.
Al rientro in patria rischia di non ritrovare un ruolo altrettanto determinante e significativo e quindi di faticare ad integrarsi nei ritmi della comunità cristiana e tanto più in quella civile.
Sarebbe opportuno un periodo di sei mesi, in una Comunità impegnata nel sociale, per dargli il tempo di riadattarsi. Nel frattempo andrebbero valorizzate le sue nuove competenze per la formazione dei futuri volontari e per l’Educazione alla Mondialità e allo Sviluppo in Italia.
Conclusione
“Si deve parlare di volontariato lì dove c’è una tensione continua alla ricerca del bene per l’altro, dove l’altro non è più solo il singolo ma la comunità; si parla di volontariato lì dove c’è un’attenzione e una libertà di pensiero che permette di leggere i reali bisogni, che permette di essere anticipatori di idee, di servizi, di interventi; che permette di essere degli sperimentatori, che permette di andare oltre e sopra gli interessi locali dei singoli per occuparsi di qualcosa di “altro”; si deve parlare di volontariato lì dove si incontrano persone al passo con i tempi, che non hanno paura di cambiare, di trasformare e mettere in gioco le proprie vite ed il proprio essere per una scelta”. (Francesca Busnelli, Rivista del Volontariato, marzo 1999).
Appendice – Esempi di itinerari educativi per la formazione dei Volontari
1. EDUCAZIONE ALLA MONDIALITA’
I – SIGNIFICATO
Un itinerario educativo che conduca all’apertura, all’alterità come responsabilità personale e comunitaria verso i bisogni e le prospettive del mondo.
II – OBIETTIVI
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Autocomprendersi come parte di un tutto
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Aprirsi ad orizzonti e interessi universali
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Coinvolgersi e partecipare personalmente e comunitariamente nelle necessità e nei problemi del mondo.
III – ATTEGGIAMENTI
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Senso di appartenenza a una comunità di popoli: cittadino del mondo.
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Coinvolgimento personale e responsabilità nelle soluzioni dei problemi.
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Capacità di stima e di accettazione, dialogo, convivenza con gli altri, valorizzazione degli altri; capacità di rispetto verso l’altro, di comunione, di condivisione: «sentire» con gli altri.
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Senso di fraternità: accogliere l’altro come «ospite» gradito della propria esistenza; accogliere nella propria vita le domande e le inquietudini degli altri.
IV – ESPERIENZE
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Conoscenza diretta dei dati del mondo d’oggi: statistiche, notizie, fatti … ; idem con le realtà della Chiesa missionaria: persone, attività, realizzazioni …
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Creare strumenti di informazione per una coscienza critica: rivista missionaria, ufficio stampa
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Identificare le sfide che la solidarietà pone negli ambienti quotidiani della vita.
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Studiare i documenti sociali e missionari della Chiesa.
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Promuovere la formazione attraverso esperienze con gruppi interetnici, con i poveri e gli emarginati del proprio ambiente e nei paesi in via di sviluppo.
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«Scrutinium» sia personale che comunitario su questa dimensione.
2. INCULTURAZIONE
I – SIGNIFICATO
Facciamo riferimento al processo mediante il quale la persona scopre i diversi valori, sia all’interno della propria cultura sia delle altre culture e, mediante una chiarificazione alla luce del Vangelo, li interiorizza e testimonia nel suo cammino di crescita.
II – OBIETTIVI
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Conoscere e rispettare le culture incarnandosi in esse.
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Acquisire una capacità critica e selettiva alla luce del Vangelo davanti alle espressioni della propria e altrui cultura.
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Arricchire e arricchirsi reciprocamente nel rispetto e nello scambio di valori culturali diversi.
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Realizzare una trasformazione interiore per originare novità di vita negli individui e nella società.
III – ATTEGGIAMENTI
CAPACITA’ DI:
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Disponibilità a conoscere ed accogliere le altre culture.
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Discernimento, critica e autocritica.
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Apertura e sensibilità per i problemi del proprio ambiente.
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Comprensione, presenza paziente e discreta, riconoscendo i limiti della propria cultura e gli errori storici di inculturazione. Rigenerare la cultura alla luce del Vangelo.
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Riconoscere il lavoro dello Spirito presente nella storia e nella cultura.
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Sensibilità per il linguaggio giovanile
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Testimonianza e offerta dei valori della propria cultura cristiana ad altre persone e popoli.
IV – ESPERIENZE
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Mettersi in contatto con il mondo degli emigrati, rifugiati, minoranze culturali ed etniche dell’ambiente nel quale si vive, creando spazi educativi di accoglienza.
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Lettura critica dei contenuti culturali dei mezzi di comunicazione sociale: analisi delle notizie di stampa, visite a centri culturali, …
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Collaborare con la Chiesa locale e organismi sociali nell’avvicinamento e accoglienza di persone di altre culture.
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Promuovere dialogo, preghiera, dibattiti ecumenici, interreligiosi e interculturali.
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Organizzare incontri, viaggi, esperienze di servizio per gruppi di giovani con culture di altri paesi.
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Riprogettare il quotidiano in ciascun settore professionale (lavoro, famiglia, tempo libero … ) creando un nuovo modello di comportamento cristiano.
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Attingere e discernere dalla cultura alcuni linguaggi e simboli per liturgie più aderenti alla vita quotidiana (incarnate).
3. EVANGELIZZAZIONE
I – SIGNIFICATO
Facciamo riferimento al cammino educativo mediante il quale ogni persona raggiunta dall’amore personale di Dio (RM 11;.23) trasforma la propria vita per diventare testimone e annunciatrice del mistero di salvezza di Cristo.
II – OBIETTIVI
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Far prendere viva coscienza, in forza del Battesimo, di essere chiamati ad evangelizzare le persone e gli ambienti.
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Attraverso una esperienza educativa integrale, offrire cammini di conoscenza e assimilazione del mistero di Cristo.
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Offrire una coinvolgente testimonianza cristiana, capace di suscitare negli altri una forte domanda sul proprio stile di vita.
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Abilitare le persone a divenire sempre più missionari nel loro ambiente (EN 72), in modo preferenziale verso i poveri.
III – ATTEGGIAMENTI
CAPACITA’ DI:
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Essere docili allo Spirito accogliendo i doni della fortezza e del discernimento (RM 87).
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Testimoniare con entusiasmo e audacia i valori della vita cristiana nel proprio ambiente e comunicare e narrare la propria fede (RM 45).
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Paziente proposta della propria fede e rispetto della libertà di adesione (RM 39).
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Saper scoprire la presenza di Cristo nel quotidiano.
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Sentirsi parte viva della Chiesa, impegnati a realizzarla camminando insieme con la comunità giovanile (RM 89).
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Intraprendere un cammino di ricerca vocazionale che scaturisca dalla fede, sviluppando atteggiamenti di servizio, disponibilità, gratuità e donazione.
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«Raggiungere e quasi sconvolgere con la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e con il disegno di Salvezza» (EN 19; CFL 44).
IV – ESPERIENZE
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Conoscere e studiare i documenti della Chiesa e della Congregazione riguardanti le missioni e collaborare alle attività missionarie.
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Far conoscere e stimare il lavoro dei missionari: incontri, conferenze, diffusione di riviste missionarie …
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Promuovere la partecipazione dei giovani nel volontariato.
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Organizzare momenti di preghiera comunitaria con finalità missionaria (ottobre missionario… ).
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Studiare i settori del proprio territorio che necessitano di evangelizzazione e le strategie per realizzarla.
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Mettersi in contatto con gruppi giovanili di altre religioni.
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Coinvolgere i giovani nel comunicare la fede attraverso i mass media.
- Organizzare le attività del tempo libero affinché abbiano sempre finalità educativa ed evangelizzatrice.
4. EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO
I – SIGNIFICATO
Facciamo riferimento a un processo educativo attraverso il quale l’individuo, personalmente e in gruppo, si impegna a creare un umanesimo nuovo che gli permetta di ritrovare se stesso e gli altri, passando da situazioni di «peccato» all’assunzione di valori di giustizia, amore, solidarietà per risignificare la vita sua e degli altri in quella pienezza «sognata» da Dio.
II – OBIETTIVI
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Promuovere una conoscenza critica della situazione mondiale in ordine allo sviluppo per una promozione integrale dell’uomo e del creato.
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Prendere coscienza della necessità del coinvolgimento personale per aiutare tutti, soprattutto i giovani, a diventare protagonisti della crescita umana e della maturazione cristiana.
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Aprire cammini verso un umanesimo trascendente, con attenzione alla promozione dei diritti dell’uomo, al rispetto della terra e alla giusta distribuzione dei beni; rivalutando il lavoro come servizio all’altro e risposta a una vocazione, sentendosi presenza responsabile nella convivenza democratica e nella famiglia.
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Promuovere educando, evangelizzare promuovendo, essendo aperti a tutti, partendo dai più poveri.
III – ATTEGGIAMENTI
CAPACITA’ DI:
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Fraternità con tutti gli uomini per scoprire le loro necessità e spinta di solidarietà per dare impulso alla creazione di condizioni di vita più degna.
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Risvegliare nei giovani il bisogno di uno sviluppo integrale, umano e cristiano, personale e sociale.
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Discernimento per orientare e realizzare la promozione umana con criteri evangelici e non soltanto sociologici, economici e politici.
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Impegno per acquisire una competenza professionale per un dignitoso servizio all’altro.
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Rispettare e curare le ricchezze della creazione, i nuovi beni e le risorse come patrimonio di tutte le persone (SRS 29).
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Attuare la solidarietà non come chi dona una parte della propria ricchezza, ma come chi condivide o restituisce quello che è patrimonio di tutti.
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Denunciare le strutture di peccato (SRS 36; RM 43).
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Educare all’austerità e alla solidarietà anche assumendo uno stile di vita sobrio, subordinando il possesso, il dominio e l’uso delle cose alla somiglianza divina dell’uomo e alla sua vocazione all’immortalità (SRS 29).
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Presenza responsabile nella convivenza umana dove si vive in dialogo nella libertà, nella giustizia e nel rispetto dell’uomo secondo il messaggio di Cristo.
IV – ESPERIENZE
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Cercare, selezionare informazioni con obiettività per comprendere e sensibilizzare le persone alla realtà del sottosviluppo e delle possibili forme di solidarietà.
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Mettere i giovani a contatto fisico con situazioni che reclamano solidarietà e aiuto.
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«Compromettersi» in iniziative di solidarietà e di sviluppo e collaborare con organismi civili ed ecclesiali specialmente nel volontariato.
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Elaborare piccoli Progetti di solidarietà: cammini di educazione allo sviluppo, iniziative di commercio equo e solidale, scuole di alfabetizzazione, cooperative …
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Programmare incontri di preghiera centrati su questo terna.
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